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25 Aprile - Festa della Liberazione . Angelo Laudiero Storia di un partigiano di Domenico Mocerino

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25 Aprile - Festa della Liberazione . Angelo Laudiero Storia di un partigiano di Domenico Mocerino

Storia di un partigiano: Domenico Mocerino

di Angelo Laudiero

Bussoleno, Val di Susa, Venerdì 9 marzo 1945,ore 16:00.Dal piccolo centro abitato si sentonoavvicinarsi passi pesanti. È un plotone d’armata tedesco. In mezzo ai militari della Wehrmacht, si distinguono cinque prigionieri italiani.Sono sporchi, malvestiti, denutriti. Il più anziano ha 32 anni; il più giovane solo 19.Attirano su di essi gli sguardi malinconici e rassegnati dei pochi passanti:nessuno di loro ha dubbi sul destino che li attende. Escono dal paese e arrivano in località Coldimosso, in un prato adiacenteallacentrale elettrica. Quel che resta della popolazione intuisceimmediatamente quanto sta per succedere e si ritira in frettanelle proprie abitazioni.

Bussoleno è al centro della lotta partigiana in Val di Susa durante l’occupazione nazista. Subito dopo l’8 settembre 1943, la popolazione raccoglie le armi del disciolto Esercito Italiano per armare i suoi partigiani e reagire contro l’invasore tedesco. Nel giugno 1944 il paese insorge eroicamente contro il nemico subendo come conseguenza rastrellamenti e deportazioni: mentre le case vengonodate al fuoco e i civili uccisi senza pietà, gli abitantisono preda di continue rappresaglie,processi sommari e fucilazioni. L’8 settembre, anche quei cinque ragazzi decidono di diventare partigiani, di combattere il nazifascismo e chi lo sostiene. Si guardano in faccia, sereni e muti, con un timido sorriso di gioia, consapevoli di volere ciò che in fondo tutti gli uomini vogliono: la pace e la libertà. Pensano ai loro cari, alle loro case lontane, sperando di farvi ritorno un giorno.

Ora invece si trovano allineati al muro. Di fronte a loro, il plotone di esecuzione tedesco è pronto, in posizione. I giovani conoscono la loro sentenza da qualche giorno, ma nei loro volti non vi sono segni di depressione o stanchezza.Paura sì, invece.Eppure tra pochi secondi sarà tutto finito.Il comandante del plotone dà l’ordine:“fuoco!”. I cinque ragazzi cadono a terra cadaveri,ma la furia dei soldati tedeschi non si placa:i corpi vengonomaciullati da continue scariche di mitra. Il plotone “boia” lascia i cadaveri sul posto e si allontana ordinando alla popolazionedi portarei corpi al cimitero di Susa e di seppellirli in un’unica fossa comune, senza cassa né cerimonia funebre.

Qualcuno, atterrito dal macabro spettacolo cui ha assistito, esce dalla casa in cui era nascosto, si avvicina alle salme dei nuovi caduti per l’Italia. Sono due giovani ragazze.Caricanoi cadaveri sopra un carro e si avviano verso il cimitero di Susa. Soloin pochi hanno il coraggio di seguire il lugubre corteo.Al cimitero le salme vengono sistemate in una fossa comune e seppellite così come era stato ordinato dalla voce di ferro del comandante tedesco.Al calar della notte, però, qualcuno torna al cimitero, rimuove i cadaveri dalla fossa comune eli seppellisce in bare coperte di fiori. Per segno, lo sconosciuto lasciasolo una croce di legno senza nome.

Solo pochi giorni dopo arriva la liberazione del paese dal giogo nazifascista:è il 5 maggio 1945.Dopo una triste vigilia nella quale i soldati tedeschi consumano gli ultimi delitti, varie formazioni di partigiani occupano la città di Susa che, imbandierata e vestita a festa,esprime tutta la sua gioia e la sua gratitudine ai liberatori. Suonano le campane anche nel paesino di Bussoleno come nelle feste più grandi.Nel pomeriggio, però,gli abitantionorano la memoria dei martiri per la libertà deponendo corone sulle tombe dei caduti.

Oggi, un cippo in pietra sul ciglio della strada che conduce al cimitero reca una targa in marmo che recita: “in questo luogo vennero trucidati cinque patrioti dai nazifascisti per rappresaglia il 9 marzo 1945”. Uno di loro si chiamava Domenico Mocerino, classe 1919, nato ad Afragola. I suoi sventurati compagni erano Giuseppe Lumia, classe 1923, di Cattolica Eraclea; Giovanni Schiari, classe 1922, di Bussoleno; Ercole Galimberti, classe 1926, di Lissone; Raffaele Jacopucci, classe 1913, di Colle Sannita. Davanti al plotone di esecuzione non hannoavuto induginé tentennamentinel compiere il gesto eroico al grido di “Viva l’Italia!”.

Nell’anniversario della Liberazione, vogliamo ricordare così questo grande uomo di Afragola e i suoicompagni. Un partigiano convinto che ha combattuto per ideali veri. Un giovane che ha lasciato la famiglia e la terra natia per prendere parte alla lotta partigiana, incurante di rischi, pericoli e patimenti da subire. Fino all’estremo dei sacrifici. Ma il ricordo di questo sacrificio e di quello di centinaia di Italiani e di Italiane serve oggi a rimarcare l’importanza di difendere e preservare i valori e gli ideali che furono alla base dell’impegno e dell’azione di tanti giovani per la conquista della libertà e della democrazia per il nostroPaese.

E non è certo finita. La lotta partigiana continua oggi perché si possaaffermareuna nuova era per l’Italia:più giusta, più equa,più democratica, per una rinnovatapresa di coscienza dei cittadini e per trasferire nuovamente quel senso di comunità e di bene comune che ritroviamo oggi nella nostra Costituzione. LaResistenza ci ricorda come certi diritti non vadano assolutamente dati per scontati, anzi. Questi diritti vanno riaffermati e rimarcati giorno dopogiorno per impedire nuove immani tragedie come quella della seconda guerra mondiale, ma anche per evitare il definitivo scollamento fra classe politica e popolo.

Nel ricordo di Domenico Mocerino e di tutti gli Italiani e le Italiane che hanno sacrificato la vita per il proprio Paese, ribadiamoil grido solenne di “Viva la libertà!”.

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